
Un medico del XIX secolo
Dopo aver introdotto, nella PRIMA PARTE dell’articolo, lo stato della medicina nel XIX secolo e dopo aver descritto la situazione sanitaria della città di Como, ci si propone ora di ricostruire vita, personalità e mentalità di un uomo che ha fatto della medicina la propria vita: il dottor Giuseppe Pedraglio, medico chirurgo che proprio a Como vive e lavora.
Il presente studio si basa sull’analisi di documenti archivistici rinvenuti negli Archivi di Stato di Pavia e di Como.
La ricostruzione biografica non è stata semplice: il carattere tecnico degli scritti e dei resoconti medici contenuti negli Archivi non ha permesso di mettere in chiara luce il profilo umano del medico. Non è stata rivenuta alcuna traccia, infatti, di carteggi privati e confidenziali tra il dottor Pedraglio e le persone a lui vicine.
Il dottor Pedraglio nacque a Como il 16 agosto 1807. Battezzato con il nome di Giuseppe Giovanni Rocco Napoleone Pedraglio, era figlio di Giovanni Battista e Angela Baroffi (cfr. Archivio di Stato di Como, Ospedale Sant’Anna, Personale sanitario, fascicolo 132, Pedraglio Giuseppe chirurgo ostetricante, Baserga Rosa vedova Pedraglio 1836 sett. 14 – 1896 sett. 13. Atto di nascita del Signor Pedraglio rilasciato dal Vicario Superiore Luigi Borgorainero, Como, 15 febbraio 1879). Apparteneva a una famiglia medio-borghese, poiché il padre svolgeva l’attività di negoziante nella città lariana.
Per Giuseppe Pedraglio la vocazione per la medicina non fu immediata, ma sembra esser stata il frutto di una riflessione e di una crescita personale, vista la sua precedente iscrizione alla Facoltà di Lettere, dove frequentò i corsi umanistici e sostenne i relativi esami dal 1827 al 1829 (cfr. Archivio di Stato Di Pavia, Fondo Università di Pavia, Medicina, cartella 313, Iscrizioni dell’anno 1829). Nella cartella riguardante il dottor Pedraglio è contenuto un attestato assolutorio della Facoltà di Lettere che documenta la frequentazione dei due anni di Filosofia.




Il curriculum di studi di un medico dell’epoca
Il 23 novembre 1829, ventiduenne, Pedraglio si iscrisse alla Facoltà di Medicina. Il percorso accademico necessario per diventare dottore in chirurgia prevedeva lo studio di varie discipline. I corsi da frequentare erano suddivisi in cinque anni, al termine dei quali si conseguiva la laurea. In particolare, i primi anni universitari erano dedicati agli studi di materie di base come la chimica, la botanica e l’anatomia, mentre negli anni superiori erano affrontati gli insegnamenti specifici della scienza medica, quali la patologia, la chirurgia e l’ostetricia.
Ecco la ricostruzione del piano di studi di un medico dell’epoca.
I anno (1829-30) | · Anatomia
· Storia naturale · Botanica |
II anno (1830-31) | · Fisiologia
· Chimica |
III anno (1831-32) | · Patologia
· Materia Medica · Chirurgia teorica · Ostetricia |
IV anno (1832-33) | · Clinica medica
· Clinica chirurgica · Veterinaria |
V anno (1833-34)
|
· Clinica medica
· Oculistica · Medicina legale · Bimestrale ostetricia |
(Fonte: Archivio di Stato di Pavia, Fondo Università di Pavia, Medicina, cartella 478, Esami rigorosi di laurea 1833-1835).
Il Piano di studi previsto dalla facoltà di medicina venne modificato dalla legge Mamiani del 31 ottobre 1860. All’Università di Pavia, facoltà dove studiò Pedraglio, il corso di medicina durava cinque anni, al termine dei quali era possibile (per coloro che avessero frequentato durante il IV e V anno anche il corso di operazioni chirurgiche, le esercitazioni pratiche di chirurgia e un bimestre di ostetricia) ottenere la laurea in chirurgia e poter esercitare anche l’ostetricia.
Per conseguire il titolo di maestro in oculistica era invece necessario frequentare un intero semestre aggiuntivo (cfr. A.L. Forti Messina, Il sapere e la clinica, la formazione professionale del medico nell’Italia unita, Milano, 1998, p. 19).
Dai documenti di archivio risulta che Pedraglio sostenne tutti gli esami relativi alle discipline previste nel suo piano di studi e terminò il corso degli studi chirurgici nel 1834. Siccome durante gli studi aveva anche presentato un Rapporto medico-legale (aveva redatto l’analisi di un cadavere in tribunale) e aveva frequentato il corso di chirurgia, chiese di essere ammesso agli esami di laurea per il conseguimento al grado di dottore in chirurgia il 20 marzo 1835 (cfr. Archivio di Stato di Pavia, Fondo Università di Pavia, Medicina, cartella 478, Esami rigorosi di laurea 1833-1835). Avendo egli frequentato anche il bimestre aggiuntivo di ostetricia, il titolo gli consentiva di esercitare anche questa funzione (A.L. Forti Messina, Il sapere e la clinica, la formazione professionale del medico nell’Italia unita, Milano, 1998, p. 19).
Il percorso accademico del Pedraglio, benché non ancora soggetto alla legge Mamiani del 1860, rispettava a pieno le nuove disposizioni. Si laureò il giorno 1 luglio 1835, presentando una tesi intitolata Nonnulla De Dentibus (Archivio di Stato di Pavia, Fondo Università di Pavia, Registri medicina, cartella 610, Licenze e Lauree in chirurgia 1767-1864).
L’attestato di laurea recitava:
Nos praeses, decanus, et facultas medica in antiquissima ac celeberrima universitate ticinensi. Omnibus et singulis notum facimus Josephum Pedraglio nosocomensis […] in hunc finem examina rigorosa diebus 17 et 21 Julii 1835 per dominum Carolum Pinali per Dom. Petrum Carpanelli decanum et per Dom. Franciscum Flarer scientiarum scientia oculistica.
Actum Ticini Die XXII mense Julii anno MDCCCXXXV.
(Archivio di Stato di Pavia, Fondo Università di Pavia, Medicina, cartella 595, Oculistica diploma di laurea 1821-1858).
L’attestato recita: “Noi preside, decano e tutta la facoltà di medicina nella antica e celeberrima università ticinese rendiamo noto in tutti i singoli ambienti ospedalieri Giuseppe Pedraglio [che ha sostenuto] a tal fine esami rigorosi nei giorni di 17 e 21 luglio 1835 attraverso il signore Carlo Pinali, il decano Pietro Carpanelli e il signor Francesco Flarer, tutti scienziati della scienza oculistica. Fatto in Ticino il 22 luglio 1835”.
A metà Ottocento, in ambito accademico, l’uso del latino era ancora comune, sia durante le lezioni frontali sia per la redazione dei libri di testo (cfr. A.L. Forti Messina, Il sapere e la clinica: la formazione professionale del medico nell’Italia unita, Milano,1984, p. 19).




La carriera di medico
In quegli anni a Como imperversava il colera, e tutti i medici della città erano impiegati per fronteggiare l’emergenza del morbo. Così, fresco di laurea, il giovane dottor Pedraglio fu subito destinato dalla Congregazione Municipale, con dispaccio N. 4986, alla cura dei colerosi presso l’ospedale di Como (cfr. Archivio di Stato di Como, Ospedale Sant’Anna, Personale sanitario, fascicolo 132, dispaccio Municipale n. 4986 destinato al Pedraglio, Como ottobre 1836).
La sua attività durò circa due mesi, dal luglio al settembre 1836, e questo suo servizio gli valse i ringraziamenti ufficiali delle autorità cittadine (cfr. Archivio di Stato di Como, Ospedale Sant’Anna, Personale sanitario, fascicolo 132, note della Congregazione Municipale di Como n. 305, 28 giugno 1837 e nota n. 3074, 30 agosto 1837).
Il suo prodigarsi, la cura prestata agli ammalati ed i suoi indubbi meriti gli permisero di ottenere il posto di chirurgo secondario biennale stipendiato presso l’ospedale di Como. Pedraglio iniziò ad esercitare in ospedale come chirurgo l’1 marzo 1837 e, probabilmente per l’ottimo servizio, continuò a farlo fino al 14 maggio 1844 (cfr. Archivio di Stato di Como, Ospedale Sant’Anna, Personale sanitario, fascicolo 132).
Del suo servizio presso l’ospedale possediamo la tabella dimostrativa, compilata e consegnata dalla moglie Rosa Baserga alla Direzione dell’Ospedale con lo scopo di calcolare la pensione a lei destinata dopo la scomparsa del marito (avvenuta il 10 settembre 1879).
Qualifica dell’impiegato | Durata del servizio
Anni mesi giorni |
Indicazione degli stipendi conseguiti | Documenti giustificativi |
Medico per la cura dei “cholerosi” presso l’ospedale di Como (dal 1836 luglio 8 al 16 settembre 1836) | mesi 2, giorni 8 | / | Dichiarazione della congregazione municipale della città di Como ottobre 1836 N. 4986 |
Chirurgo secondario biennale stipendiato presso l’ospedale di Como (dal 1837 marzo 1 al 1844 maggio 14 – onorario £ 200) | anni 7, mesi 2, giorni 14
|
£ 172,84 | Nota 19 febbraio 1837 della direzione dell’ospedale in relazione al dispaccio governativo 3 febbraio 1837 |
Medico ordinario di seconda classe presso il Luogo Pio della Carità (dal 1844 maggio 15 al 1849 novembre 30 – onorario £ 600) | anni 5, mesi 6, giorni 15 | £ 518, 52 | Nota della direzione suddetta 14 maggio 1844 N. 547 in relazione al dispaccio governativo 27 aprile 1844 N. 8936/711 |
Medico chirurgo di prima classe presso il L. P. di Carità (dal 1849 dicembre 1 al 1860 novembre 30 – onorario £ 800) | anni 11 mesi 8 giorni 29 | Nota 26 novembre 1849 N. 1422 della direzione dello spedale in relazione all’ordine della delegazione provinciale 22 novembre 1849 N. 135. 139 | |
Chirurgo maggiore ostetricante presso il L. P. di Carità (dal 1860 dicembre 1 al 1861 agosto 31 – onorario £ 800) | mesi 9 | £ 691, 36 | Partecipava Governatore di Como 11 marzo 1860 N. 271 nota della direzione dell’ospedale.
1 dicembre 1860 N. 2416 in relazione al decreto del Gov. 11 luglio 1860 N. 5966 |
Chirurgo maggiore ostetricante presso il L. P. di Carità (dal 1861 settembre 1 al 1871 dicembre 31 – onorario di £1200) | Anni 10 mesi 4 | ||
Dal 1 giugno 1872
al 19 gennaio 1879 (onorario £ 1200 con soprasoldo 10%) |
Anni 7 giorni 18 | £1320 | Nota 18 marzo 1872 N. 803 della prefettura di Como in relazione a delibere 14 marzo 1872. |
Per valutare la capacità di acquisto dello stipendio si tenga presente che a metà Ottocento un sacco di grano da circa cinquanta litri costava 2-3 lire e un chilo di carne circa 1 lira.
UN MEDICO NON SEMPRE IRREPRENSIBILE E UNA SANITà LEGATA AL DENARO
Dai documenti di archivio risulta che Pedraglio non sempre svolse il mestiere di medico con la dovuta serietà. Esistono infatti doversi documenti che attestano richiami e lagnanze avanzati dalla direzione ospedaliera e da alcuni malati. I primi richiami e le prime lamentele nei confronti del medico risalgono al 1845. Sono pervenute numerose lettere di lamentela, conservate presso l’Archivio di Como, che lo descrivono come irrispettoso e poco attento nel prestare le dovute cure ai pazienti, soprattutto se poveri o ricoverati nella Pia Casa di Industria. Proprio questo istituto, la Cà d’Industria, fu fondato nel 1817 con il preciso scopo di dare assistenza ai poveri disoccupati, offrendo occupazioni e mansioni di vario tipo.
Ecco il testo di una delle prime lamentele nei confronti di Pedraglio:
Il dottor Pedraglio è generalmente inviso agli individui della Pia Casa di Ricovero pé suoi modi talvolta insolenti. Talvolta si rifiuta di visitare i poveri o scrive ricette senza tastare il polso e ascoltare l’ammalato. (Archivio di Stato di Como, Ospedale Sant’Anna, Personale sanitario, fascicolo 134, lettera indirizzata ala direzione, firma non leggibile, Como, 23 luglio 1849)
Negli anni Sessanta i richiami si susseguirono senza tregua.
Risaliva al 25 luglio 1860 uno scritto del Pedraglio con il quale egli chiariva uno spiacevole malinteso verificatosi a carico di certa Giulia Cavadini, caso sottopostogli dalla direzione con regolare nota n. 1844 (cfr. Archivio di Stato di Como, Ospedale Sant’Anna, Personale sanitario, fascicolo 135, relazione presentata dal Pedraglio in relazione al richiamo della direzione dell’8 ottobre 1857, Como, s.d.). Il marito della signora, Nicola Cavadini, un tessitore domiciliato presso il convento S. Margherita nella parrocchia della SS. Annunziata, richiese l’assistenza del chirurgo ostetrico per verificare le condizioni della moglie gestante all’inizio del sesto mese e con probabile predisposizione ad aborto (cfr. Archivio di Stato di Como, Ospedale Sant’Anna, Personale sanitario, fascicolo 135, nota n. 1844, della direzione al dottor Pedraglio, Como, 25 luglio 1862).
Anche in questo caso l’assistenza del Pedraglio si rivelò inadeguata e superficiale, tanto che la donna perse il bambino. Successivamente la signora ebbe ulteriori fastidi e si rivolse urgentemente al dottor Comolli, che caritatevolmente la soccorse, estraendole dopo otto giorni la placenta che pericolosamente non era stata espulsa insieme al feto e aveva causato emorragia uterina (cfr. Archivio di Stato di Como, Ospedale Sant’Anna, Personale sanitario, fascicolo 135, nota n. 1844, della direzione al dottor Pedraglio, Como, 25 luglio 1860).
La maggior parte delle lagnanze vennero presentate dai familiari di pazienti che appartenevano al ceto popolare e versavano in precarie condizioni economiche; alcuni erano addirittura impossibilitati ad estinguere il debito con il medico curante, altri non potevano permettersi nemmeno di acquistare le medicine.
In questi anni l’assistenza ai malati divenne un dovere e iniziò ad essere percepita come un diritto da parte dei pazienti. Le riforme legislative avrebbero dovuto portare, per quanto possibile, nuovo spirito di umanità, maggior attenzione nelle cure e rispetto delle norme igieniche (cfr. G. Cosmacini, Storia della medicina e della sanità il Italia, cit., p. 300). Si esercitava anche una maggiore vigilanza sull’operato dei medici; concretamente, però, gli uffici direzionali cercavano di compiere un’opera di mediazione tra pazienti e medici onde evitare che questi ultimi venissero infastiditi dai continui richiami e fossero oggetto di reiterate lagnanze.
Le risposte di Pedraglio fanno trasparire il carattere di un uomo deciso, a volte irriverente e in grado di esporre le sue ragioni senza esitazione.
Quando veniva attaccato e incolpato di non rispettare le regole, Pedraglio si difendeva abilmente, alternando alla descrizione dei fatti la riflessione sul proprio operato e sui propri meriti.




Riflessioni conclusive
Da quanto emerso dalla documentazione analizzata, soprattutto lettere di pazienti e resoconti ospedalieri, non sembra di poter affermare che il Pedraglio fosse diventato medico per vocazione, mentre si può agevolmente affermare che egli intese l’arte medica come un mero “mestiere”. Tale concezione prettamente utilitaristica della professione medica, riscontrabile nel Pedraglio, appare come possibile conseguenza del processo di ricambio sociale che, nell’Ottocento, offrì alla fascia piccolo borghese la possibilità di intraprendere tale carriera. (M. L. Betri, Il medico e il paziente, cit.,p. 218.)
Episodi di malasanità e incertezza caratterizzeranno ancora per molti anni l’opera dei medici, che uniranno all’esperienza degli antichi nuove acquisizioni tecniche e nuove conoscenze in ambito biologico. Il luogo medico ideale diventa l’ospedale, dove l’arte medica diventa una scienza, non più empirica e approssimativa, ma esatta e provata.
Si modifica parimenti anche il rapporto con il paziente, destinatario delle cure e delle attenzioni mediche. Come si è precedentemente accennato, l’esplosione della ricerca scientifica e la nascita della medicina sociale pongono in primo piano le concezioni igieniste e l’importanza della prevenzione rispetto alla terapia. L’ideale utopico di una sanità che si sviluppi in una società che sta lentamente progredendo è tuttavia destinato a scontrarsi con alcune forme di resistenze.
I pazienti non sono ancora pronti ad affidarsi completamente alla nuova politica sanitaria guidata dalle autorità e gestita dai medici, che si presentano come gli unici detentori del sapere medico (cfr. G. Cosmacini, Storia della medicina e della sanità il Italia, cit., p. 395).
I malati tendevano ancora ad affidarsi ai ciarlatani, ricorrendo solo in ultima istanza al medico. Le cause dell’atteggiamento di rifiuto erano da ricercarsi nella mancanza di fiducia dei malati nei confronti del medico e nella volontà degli stessi di proseguire con vecchi rimedi e terapie miracolistiche. La diffidenza non può essere condannata, vista la difficoltà di comunicazione e l’incuria che spesso caratterizzavano il rapporto medico-paziente. Emblematica, a questo proposito, risulta essere la storia professionale del Pedraglio; esplicativa a tal punto da rendere comprensibile e giustificabile la mancanza di fiducia dei pazienti: non solo costretti a subire le conseguenze delle loro cattive condizione di salute, ma anche sottoposti ai malumori e all’irriverenza del medico curante. Anche nel caso studiato il difficile rapporto medico-paziente, benché ampiamente condannato dalle autorità mediche e religiose, sembra essere ancora lontano da un’effettiva svolta in senso positivo. Pedraglio continuò ad operare in tutta libertà, comportandosi spesso in modo poco consono al ruolo da lui ricoperto; la precarietà delle sue diagnosi e l’inadeguatezza delle cure suggerite portarono sovente i pazienti a lamentarsi e a cercare altrove soccorso e assistenza.
Le evoluzioni del sistema ospedaliero e la regolamentazione delle sue attività erano ovviamente tese a un più vantaggioso utilizzo delle risorse economiche, piuttosto che al miglioramento delle condizioni del servizio. Per dare un’idea dei costi e della rilevanza dell’assistenza prestata, si prendano in considerazione alcuni dati: per il solo anno 1859 furono spedite dalla farmacia dell’ospedale dei poveri 61.957 ricette, e somministrate a titolo curativo ben 39.494 sanguisughe; l’importo approssimativo delle ricette fu di lire 22.457. Si calcolò che in trent’anni il numero delle ricette fosse triplicato e che la spiegazione di questo aumento di somministrazioni a carico del Luogo Pio fosse da ricercarsi nella crescita demografica ed in un poco lodevole sfruttamento della beneficienza pubblica.




Postilla: Il ’48 e il dottor Pedraglio – l’intreccio fra la “grande storia” e l’individuo
Nel 1848 l’Europa fu sconvolta da una violenta e diffusa crisi rivoluzionaria; i moti dilagarono rapidamente, passando dalla Francia all’Italia, dall’Impero Asburgico alla Confederazione Germanica. Tra il 1847 e il 1848 l’Italia venne investita da agitazioni filo costituzionali e liberali. Ben presto si diffuse la notizia dello scoppio di una rivolta liberale a Vienna, dove Metternich fu costretto alla fuga; territori fino a quel momento soggiogati si ribellarono, a Venezia e Milano iniziarono violente manifestazioni.
In questo contesto, alcune bande provenienti dalla campagna, con il sostegno di qualche carabiniere ticinese, entrarono in Como, unendosi ai cittadini e costringendo la guarnigione austriaca ad asserragliarsi all’interno delle caserme.
Quando giunsero dalle rive del lago alcuni gruppi di cittadini armati, la guarnigione, formata da più di 1.500 uomini, ungheresi e croati, si arrese e fu fatta prigioniera. Inoltre la città inviò un battaglione di volontari in appoggio agli insorti sul Garda ed in Trentino.




Durante i moti del Quarantotto il Pedraglio prese attivamente parte all’opera di assistenza, mentre in città venne istituito un adeguato corpo di soccorso ed intervento reso necessario dal coinvolgimento attivo di Como negli scontri e dalla massiccia adesione popolare al corpo dei Volontari Comaschi impegnati nelle battaglie. Il Governo provvisorio della città nominò Giuseppe Pedraglio primo chirurgo del battaglione dei Volontari comaschi, comandati dal Maggiore Bagolini (cfr. Biblioteca Comunale di Como, Fondo Monti, cartella A3 VII, fascicolo 9. Nomine del Governo Provvisorio 1848, nomina a primo chirurgo del Battaglione dei Volontari Comaschi). Iniziò con questo incarico il suo impiego presso le caserme di degenza dei soldati feriti e bisognosi di assistenza. Egli prestò la sua opera, per tutto il periodo, presso la caserma di Santa Teresa e Sant’Abbondio.
Fine della seconda ed ultima parte.
Bibliografia
Fonti primarie:
- Archivio di Stato di Como, Almanacco, Manuale Provincia di Como per l’anno 1857, anno XX
- Archivio di Stato di Como, Almanacco, Manuale Provincia di Como per l’anno 1858, anno XXI, p. LXVI
- Archivio di Stato di Como, Almanacco, Manuale Provincia di Como per l’anno 1861, anno XXIV
- Biblioteca Comunale di Como, Fondo Monti, cartella A3 VII, fascicolo 11, dispaccio del Podestà, Como, 17 settembre 1855
- Archivio di Stato di Como, Ospedale Sant’Anna, Personale sanitario, fascicolo 32
- Archivio di Stato di Como, Ospedale Sant’Anna, Personale sanitario, fascicolo 133
- Archivio di Stato Di Pavia, Fondo Università di Pavia, Medicina, cartella 313
- Archivio di Stato di Pavia, Fondo Università di Pavia, Medicina, cartella 478
- Archivio di Stato di Pavia, Fondo Università di Pavia, Medicina, cartella 595
- Archivio di Stato di Pavia, Fondo Università di Pavia, Registri medicina, cartella 610
- Biblioteca Comunale di Como, Fondo Monti, cartella A3 VII, fascicolo 9
Studi:
- L. Betri, Il medico e il paziente, in Storia d’Italia, Annali 7, Malattia e medicina, a cura di F. Della Peruta, Torino, 1984.
- Cosmacini, Storia della medicina e della sanità in Italia, Roma-Bari, 1998.
- Frascani, Ospedali, malati e medici dal Risorgimento all’età giolittiana, Annali 7, Malattia e medicina, a cura di F. Della Peruta, Torino, 1984.
- Lonni, Medici, ciarlatani e magistrati nell’Italia liberale, in Storia d’Italia, Annali 7, Malattia e medicina, a cura di F. Della Peruta, Torino, 1984.
- Onger, Note sul medico ospedaliero nella Lombardia della Restaurazione, in L’arte di guarire, a cura di M.L.Betri e A. Pastore, Bologna, 1993.
- L. Forti Messina, Il sapere e la clinica, la formazione professionale del medico nell’Italia unita, Milano, 1998
Autore: Marta Bernasconi
Revisione e cura: Alessandro Ardigò, Arianna Sardella
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Sul “soggiogate” ci sarebbe ampliamente da discutere ….