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Gli “Antenati” di Italo Calvino: spunti per una pedagogia dell’immaginazione (PRIMA PARTE)

1. Leggere i classici a scuola
1.1 Italo Calvino sulla lettura a scuola
In un celebre intervento pubblicato per la prima volta su L’Espresso il 28 giugno 1981, Italo Calvino presenta una serie di definizioni dei caratteri costitutivi di un testo classico. Tra le molte considerazioni dell’autore, una riguarda in particolare la lettura a scuola: da un lato, lo scrittore sottolinea che «non si leggono i classici per dovere o per rispetto, ma solo per amore» (CALVINO 1981, poi inserito nella raccolta Perché leggere i classici, pubblicata postuma nel 1995); dall’altro però osserva che questo assunto non vale per la lettura dei testi in ambito scolastico; infatti, a suo avviso, «la scuola deve farti conoscere bene o male un certo numero di classici tra i quali (o in riferimento ai quali) tu potrai in seguito riconoscere i “tuoi”» (CALVINO 1981).

1.2 Le letture disinteressate
Sembrerebbe quindi che, per lo scrittore, alla scuola spetti il compito, ingrato in un certo senso, di proporre la lettura di alcuni testi particolarmente significativi, rispetto ai quali è però il singolo a eleggere quelli che contano per sé:

«La scuola è tenuta a darti degli strumenti per esercitare una scelta, ma le scelte che contano sono quelle che avvengono fuori e dopo ogni scuola […]: è solo nelle letture disinteressate che può accadere d’imbatterti nel libro che diventa il “tuo” libro» (CALVINO 1981).

I classici non sono intesi da Calvino tanto nel senso di testi canonici, quanto nel senso di testi capaci di suscitare domande e di destare curiosità: la lettura a scuola dunque non dovrebbe servire a stabilire un canone dogmatico di testi, bensì a fornire parametri utili a metterli in discussione o a recepirne la portata e il senso: «il “tuo” classico è quello che non può esserti indifferente e che ti serve per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui» (CALVINO 1981).

1.3 Le letture di gioventù e i paradigmi di bellezza
Una posizione, questa, che non è oggi più così scontata né universalmente condivisa e che chiama in causa l’impostazione stessa della didattica della letteratura (o più in generale della lettura), soprattutto in una scuola molto diversa da quella che lo scrittore s’immaginava in riferimento alla propria generazione.

Calvino osserva, ad esempio, che le letture fatte da giovani

«possono essere poco proficue per impazienza, distrazione, inesperienza delle istruzioni per l’uso, inesperienza della vita. Possono essere (magari nello stesso tempo) formative nel senso che danno una forma alle esperienze future, fornendo modelli, contenitori, termini di paragone, schemi di classificazione, scale di valori, paradigmi di bellezza: tutte cose che continuano a operare anche se del libro letto in gioventù si ricorda poco o nulla […]. C’è una particolare forza dell’opera che riesce a farsi dimenticare in quanto tale, ma che lascia il suo seme» (CALVINO 1981).

Viene da chiedersi se queste considerazioni possano essere ancora valide oggi, a quasi mezzo secolo di distanza dalle parole dello scrittore. Bisogna forse pensare che i consumi culturali siano tanto radicalmente cambiati da aver modificato anche il modo in cui i nostri “paradigmi di bellezza” prendono forma?

Tornare a queste riflessioni è interessante sotto vari punti di vista, ad esempio per osservare come sono cambiati il mondo che gravita intorno al libro e le sue modalità di fruizione rispetto a quarant’anni fa.

Diciamo subito che, in termini di didattica della lettura, non interessa tanto rievocare il dibattito annoso e un po’ sterile sull’utilità di presentare a scuola un canone di classici, né discutere sul maggiore o minore grado di apertura con cui costruirlo. Lo stesso Calvino affermava che «l’eclettismo della nostra cultura non saprebbe mai redigere un catalogo della classicità che fa al caso nostro» (CALVINO 1981).

1.4 Calvino, un classico contemporaneo
La posizione dello scrittore è ai nostri occhi più interessante se calata nella sua personale esperienza di scrittore e di autoesegeta. In primo luogo perché Calvino è sicuramente un classico contemporaneo, piaccia o no incasellarlo in una definizione, per vari ordini di ragioni: l’eccellenza stilistica, costruita su una fascia espressiva intermedia, ricca, concreta e precisa; poi la «spiccata tensione inventiva e sperimentale della sua scrittura, pur nell’ostinata fedeltà a un nucleo ispiratore originario, identificabile con l’esperienza storica della sua generazione» (BARENGHI 2009, p. 132); infine, «la grande apertura culturale, unita a una forte consapevolezza della peculiarità della letteratura e dei suoi compiti» (BARENGHI 2009, p. 132), primo fra tutti quello del dialogo fra scrittura ed esperienza. Questo legame indissolubile torna in molte pagine dei suoi romanzi, anzitutto nel Sentiero dei nidi di ragno, che segna il suo esordio come scrittore, ma anche nella trilogia degli Antenati.

1.5 Come si legge un testo narrativo a scuola?
In secondo luogo, è interessante tornare sul modo di proporre agli studenti la lettura di un classico come Calvino; è evidente che un discorso analogo potrebbe riguardare l’approccio alla letteratura che in genere si propone a scuola. Su questo punto, lo scrittore stesso osservava:

«La lettura d’un classico deve darci qualche sorpresa, in rapporto all’immagine che ne avevamo. Per questo non si raccomanderà mai abbastanza la lettura diretta dei testi originali scansando il più possibile bibliografia critica, commenti e interpretazioni. La scuola e l’università dovrebbero servire a capire che nessun libro che parla d’un libro dice più del libro in questione» (CALVINO 1981).

1.6 Spunti per una didattica della lettura
Quelle di Calvino sono affermazioni che datano a quarant’anni fa, eppure certo non sono invecchiate, almeno a giudicare da interventi più recenti sull’argomento. Ad esempio, Alessandra Avanzini nota come spesso nei manuali scolastici la lettura e l’interpretazione di brani di narrativa vengano ridotte a «un’operazione anatomopatologica sul testo» (AVANZINI 2014, p. 45):

«Terminata la sezione delle affermazioni assertorie, l’antologia passa a descrivere la struttura del testo narrativo attraverso una scomposizione che, focalizzata sul dettaglio, tende a far perdere il senso generale: sequenze, microsequenze, differenza fra lettore reale, implicito e ideale, differenza tra narratore interno ed esterno (di primo e secondo grado) e via via fino a una scomposizione che non ha alcuna pietà del testo e della sua carica narrativa» (AVANZINI 2014, pp. 45-46).

Secondo Avanzini, i rischi di questo modo di procedere sono anzitutto quello di annoiare lo studente e in secondo luogo quello di trasformare la lettura in un addestramento a inquadrare il testo in una griglia preconfezionata, quando invece, a suo avviso, «il senso della lettura s’incentra sull’azione del leggere» (AVANZINI 2014, p. 47).

Su questo punto, anche Calvino affermava che spesso invece «l’introduzione, l’apparato critico, la bibliografia vengono usati come una cortina fumogena per nascondere quel che il testo ha da dire e che può dire solo se lo si lascia parlare senza intermediari che pretendano di sapere più di lui» (CALVINO 1981).

1.7 Rileggere i Nostri antenati
È proprio al leggere per il gusto di leggere, «prescindendo da tutti i possibili significati, divertendosi alle avventure di Agilulfo e Gurdulù» (CI, Introduzione, pp. v-vi) che Calvino esorta nella prefazione alla prima edizione del Cavaliere inesistente, l’ultimo degli Antenati, la trilogia araldica in cui lo scrittore disegna «quasi un albero genealogico dell’uomo contemporaneo» (CI, Introduzione, pp. v-vi).

Proveremo a tracciare un percorso attraverso questo trittico di romanzi, per arrivare proprio al Cavaliere inesistente, e tornare al punto di partenza; però non possiamo che cominciare dal primo libro di Calvino, Il Sentiero dei nidi di ragno.

Pertanto, il periodo che prenderemo in considerazione è quello degli esordi dello scrittore, dal 1947, l’anno di pubblicazione del Sentiero, al 1964 circa, quando Calvino compie un viaggio a Cuba, si sposa a L’Avana con Esther Judith Singer e pubblica l’importante prefazione al suo primo libro. Tre anni dopo, nel 1967, lo scrittore si trasferisce a Parigi, dove vive per i successivi tredici anni, fino al 1980, e dove compone i romanzi della maturità.

1.8 Nel laboratorio dello scrittore
Gli itinerari possibili entro l’universo di Calvino potrebbero essere anche altri. La scelta è ricaduta sulle opere del primo periodo, perché in esse è possibile distinguere abbastanza nettamente il filo della narrazione realistica da quello del racconto fantastico. Sono inoltre ancora anni di tentativi e di prove, che mostrano bene come il percorso per giungere a riconoscere il proprio modo di essere scrittore non sia stato semplice, nemmeno per Calvino: si incontreranno alcuni tentativi falliti, delle deviazioni e dei vicoli ciechi. Proprio per questo, quella degli esordi è una fase importante anche per comprendere la narrativa successiva e più matura dello scrittore.

Faremo quindi un salto nel suo laboratorio, nell’officina in cui le prime opere hanno preso forma, intersecandosi con altri libri e con le esperienze che intanto Calvino viveva. Partiremo dai dati concreti sulle fasi di elaborazione del Sentiero e della Trilogia perché il processo di gestazione di questi romanzi è una storia di grande fascino a sua volta. Avrà pazienza chi già la conosce: «Di un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima» (CALVINO 1981).

1.9 Il rapporto nevrotico di Calvino con l’autobiografia
Il percorso segue un ordine cronologico, apparentemente lineare. Tuttavia, la scelta di ripercorrere la biografia dello scrittore per riflettere sulla genesi delle sue opere (e indirettamente sulla didattica della lettura) nasconde in realtà diverse insidie e qualche aporia. Prima di tutto, Calvino gioca anche nella narrazione della propria storia personale, che scrive e riscrive in molteplici variazioni in diversi interventi (prefazioni, interviste, lettere, note…), a margine della pubblicazione dei suoi libri.

In una lettera a Germana Pescio Bottino del 9 giugno 1964, ad esempio, osserva: «Io sono ancora di quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere […]. Perciò dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all’altra» (cfr. Lettere). In un’altra lettera a Claudio Milanini del 27 luglio 1985, aggiunge: «Ogni volta che rivedo la mia vita fissata e oggettivata sono preso dall’angoscia […], ridicendo sempre le stesse cose con altre parole, spero sempre d’aggirare il mio rapporto nevrotico con l’autobiografia» (cfr. Lettere).

Assumeremo il rischio di perderci in questa narrazione molteplice, perché, nelle pieghe dell’autoesegesi calviniana, si trovano spunti interessanti e s’individuano gli snodi fondamentali, ripetuti, attorno a cui ruota la sua scrittura.

1.10 Scansare la bibliografia critica?
Calvino ammonisce di scansare il più possibile la bibliografia critica. A noi pare di leggere in queste sue parole una critica nei confronti dell’abuso della bibliografia, o del suo uso distorto, più che un suo rifiuto totale: infatti, «i classici sono quei libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra», inevitabilmente (CALVINO 1981).

Cercheremo quindi di munirci di qualche antidoto efficace ai fraintendimenti: ad esempio, terremo presenti le indicazioni di grandi conoscitori dello scrittore, come Mario Barenghi, Bruno Falcetto, Claudio Milanini, Francesca Serra. Non diremo nulla di nuovo rispetto ai loro studi sul piano dei dati interpretativi di fondo, perché quel che importa qui è ragionare sulla lettura a scuola, a partire dal caso degli Antenati.

1.11 Invito al viaggio
Da queste considerazioni deriva un’ultima avvertenza: l’itinerario che compiremo non pretende di dare indicazioni su come si debba leggere la trilogia araldica. La lettura (almeno quella disinteressata) è un atto personale, intimo e libero. Queste pagine sono solo una riflessione che riguarda le coordinate entro cui si costruisce l’interazione tra le variabili fondamentali in gioco: la didattica della lettura e il libro da un lato, il docente e gli studenti dall’altro.

Ovviamente, nessuno può insegnare una volta per tutte e a chiunque come si debba leggere. Meglio considerare l’itinerario proposto in questo contributo come una sorta di “invito al viaggio” (per dirla con Baudelaire), rivolto non soltanto agli studenti ma anche, forse soprattutto, ai docenti; vorremmo immaginare anche questi ultimi come lettori, come fruitori dei libri. Come legge oggi chi gravita nel mondo della scuola e dell’università? La domanda rimarrà sullo sfondo del viaggio che faremo insieme a Calvino e ai nostri Antenati nelle prossime puntate per essere ripresa alla fine del percorso, quando torneremo al punto di partenza.

Fine della prima parte.
La seconda parte sarà pronta a breve.

Bibliografia della PRIMA PARTE
In tutte le sezioni di questo contributo l’edizione di riferimento delle opere di Calvino è citata con le seguenti abbreviazioni:

  • RR = Italo Calvino, Romanzi e racconti, edizione diretta da Claudio Milanini, a cura di Mario Barenghi e Bruno Falcetto, 3 voll., Milano, Mondadori, 1991-1994.
  • Saggi = Italo Calvino, Saggi, Milano, Mondadori, 1995.
  • Lettere = Italo Calvino, Lettere 1940-1985, Milano, Mondadori, 2000.
  • Avanzini 2014 = Alessandra Avanzini, Didattica della lettura: qualche riflessione, in Educazione alla lettura. Seminario di studi Lettura, famiglia, scuola, società (Ferrara, 2014), in Ricerche pedagogiche, 48, n. 192-193 (luglio-dicembre 2014), pp. 42-47.
  • Barenghi 2009 = Mario Barenghi, Calvino, Bologna, Il Mulino, 2009.
  • Calvino 1981 = Italo Calvino, Italiani, vi esorto ai classici, in L’Espresso, 28 giugno 1981, pp. 58-68 (poi in Italo Calvino, Perché leggere i classici, Milano, Mondadori, 1995. L’intervento è consultabile anche online all’indirizzo https://www.sbt.ti.ch/all/evento/2836.pdf).
  • CI = Italo Calvino, Il Cavaliere inesistente, Milano, Mondadori, 2007 (1a ed.: Torino, Einaudi, 1959).

Autore: Serena Lunardi
Revisione e cura: Alessandro Ardigò, Arianna Sardella

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