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In copertina: Tintoretto, Caino e Abele. Immagine utilizzata a scopo didattico senza fini di lucro. Link: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Jacopo_tintoretto,_caino_e_abele,_01.JPG.

Chi è mio fratello? La colpa di Caino – una riflessione alle radici dell’umanità

Che cos’è un mito? In che senso esso è «vero»?
Illuminismo e Positivismo hanno formato la nostra civiltà a ritenere il pensiero religioso un pensiero infantile, da abbandonare con l’età adulta. Ma già Nietzsche aveva compreso come questa prospettiva non rendeva conto di ciò che chiamiamo «religioso»; e dopo tutto, possiamo forse rassegnarci a considerare la quasi totalità degli esseri umani vissuti su questa terra, e la gran parte di quanti tuttora vi abitano, solo dei bambini? E una piccola minoranza di occidentali moderni gli unici veri adulti?
Certo, il mito non è «vero» nel senso della scienza, né perché, come spesso si semplifica, contenga qualche traccia di verità (ovviamente «scientificamente provata»). Il mito è vero perché dice qualcosa di essenziale e vitale sull’uomo, sulla sua esistenza. Come tale, ogni mito ha un valore che trascende la tradizione in cui nasce.
Nell’istruzione scolastica, la lettura dei miti dovrebbe tener conto di queste riflessioni (qui necessariamente soltanto abbozzate), non limitandosi perciò a leggerli come testi letterari, ma incrociando tematiche e domande religiose, antropologiche, filosofiche.
Di tutto questo offriremo qui un esempio leggendo il celebre episodio biblico di Caino e Abele.

Cain Fleeing Abel
William Blake, 1826. Immagine di pubblico dominio. Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:William_Blake%27s_Cain_and_Abel.jpg

Caino e Abele

Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo dal Signore». Poi partorì ancora suo fratello Abele. Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo.
Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo». Caino disse al fratello Abele: «Andiamo in campagna!». Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?». 10 Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! 11 Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. 12 Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». 13 Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono? 14 Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere». 15 Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato. 16 Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden.

I primi undici capitoli della Genesi propongono una serie di racconti mitici, nei quali la sapienza religiosa di Israele narra sia il proprio passato più remoto, sia la condizione umana in quanto tale. Uno dei passi a mio avviso più densi senso è la storia di Caino e Abele, storia che può essere affrontata, ad esempio, durante il percorso di epica di una prima classe liceale.

Il momento dell’offerta: la preferenza di Dio e la colpa di Caino
Perché il Signore gradisce l’offerta di Abele e non quella di Caino? La domanda sulla preferenza di Dio per una sola delle due offerte è di quelle che da sempre si pongono ai commentatori.
Il biblista gesuita Luis Alonso Schökel (1920-1988) ritiene che gran parte delle risposte date dai commentatori antichi e moderni si possano ricondurre a uno schema, che lui chiama “retributivo”: se Caino è rigettato, deve aver commesso una qualche colpa.
Questo tipo pensiero postula che dietro alla situazione negativa ci sia un peccato che l’ha causata: se ricevi disgrazie, devi pur aver fatto qualcosa di male. La colpa di Caino potrebbe allora collocarsi prima dell’offerta. Sulla scorta di questo pensiero, il Targum Jonatan, vale a dire il commento in aramaico della Bibbia ebraica, elabora il dialogo tra i due fratelli, dal quale emerge un Abele credente di fronte a un Caino invece scettico.

Anche la lettura che ne dà lo storico romano Flavio Giuseppe (37dC-100dC)  è simile: il senso profondo della colpa da attribuire a Caino è da ricercare prima dei fatti narrati dall’episodio biblico. Caino diviene così figura della malvagità tanto che, sulla scorta di questa interpretazione, molte leggende rappresentano Caino non come figlio di Adamo, ma del serpente. Il fratello Abele sarebbe invece figura della giustizia.
Tale lettura si può ritrovare anche nel commento di Sant’Ambrogio (IV sec.d.C.), il quale fa di Caino l’immagine del popolo ebraico, e di Abele l’immagine del nuovo e vero popolo di Dio, la Chiesa. Secondo Ambrogio, «doppia fu la colpa di Caino: la prima perché offrì in ritardo; la seconda perché offrì i frutti, e non le primizie». Egli, come altri, si preoccupa di giustificare Dio, di dargli buone ragioni per il rifiuto.

Caino uccide Abele - G. Doré (1866)
Caino uccide Abele – G. Doré (1866). Immagine di pubblico dominio. Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:005.Cain_Slays_Abel.jpg

Tutti questi autori, insomma, cercano di arricchire il testo, costruendo ipotesi per renderlo maggiormente intelligibile alla luce della domanda: perché Dio gradisce l’offerta di Abele e non quella di Caino? La molteplicità delle risposte, e la loro stessa qualità, consigliano però all’esegesi contemporanea il loro abbandono, e la ricerca di altre vie per la comprensione del testo.

Verso una interpretazione contemporanea
Un primo passo è compiuto dallo stesso Alonso Schökel. Egli cerca ancora una ‘colpa’ da attribuire a Caino, ma la colloca dopo l’offerta. Per la precisione la colloca nella relazione con Dio, il quale preferisce Abele in quanto figlio minore. A supporto della sua idea porta numerosi esempi biblici analoghi: Isacco, Giacobbe e Giuseppe, per stare alla sola Genesi; e più avanti Gedeone, Saul e poi Davide tra i suoi fratelli.
Ma in tal modo Alonso Schökel si limita a spostare il problema – cosa di cui si rende peraltro perfettamente conto – : perché Dio preferisce il minore? Il nostro autore non sa dare ulteriori spiegazioni:

«Dio è libero nei suoi doni […] In ultima istanza tale varietà risale al piano di Dio e occorre accettarla senza esigere ragioni o chiedere conto».
SCHÖKEL 1987, pagg. 27-56

Un passo importante ad ogni modo lo si è compiuto: si è accettato il testo per quello che dice, senza aggiungervi spiegazioni esterne che esso non dà. Ma la domanda resta: non ci si rassegna a vedere nella scelta divina il frutto di un arbitrio.

Una prima soluzione è offerta dal teologo italiano Gianantonio Borgonovo, tuttora vivente, secondo il quale nella preferenza divina bisogna leggere una proiezione della realtà economica dell’epoca: la benedizione di Dio rinvia al positivo sviluppo dell’attività di Abele, mentre il suo rifiuto dell’offerta di Caino indica il cattivo andamento dell’annata. Borgonovo colloca la spiegazione della preferenza divina al livello delle motivazioni dell’autore; tale lettura si colloca nel quadro complessivo dell’interpretazione che Borgonovo dà di Gen 1-11 in termini di «eziologia metastorica»:

«questi racconti archetipici riguardano ogni momento della storia, in quanto essi si traducono e vengono sperimentati in ogni evento storico».

Anche René Girard vede nel racconto l’espressione figurata, mitica di una realtà esterna al racconto: egli commenta il nostro testo nell’ambito dell’analisi del sacrificio come sostituzione, ai membri di una comunità che vanno protetti dalla violenza, di una vittima arbitrariamente scelta: «Dire che Dio gradisce i sacrifici di Abele e non le offerte di Caino equivale a ridire in un altro linguaggio, quello del divino, che Caino uccide suo fratello mentre invece Abele non lo uccide» in quanto devia la propria violenza su una vittima sacrificabile.

Di queste due analisi credo sia da sottolineare soprattutto l’intento di leggere il testo come espressione di un pensiero: non esposto in forma razionale, scientifica o filosofica, ma sotto forma di mito, di racconto che utilizza un linguaggio che non è il nostro (è piuttosto «quello del divino», dice Girard) per fare affermazioni sull’essere umano – oggi diremmo antropologiche. Tutto ciò attribuisce un respiro ampio al te-sto, lo considera non solo un episodio della prima umanità nella concezione biblica, e neppure soltanto un’anticipazione profetica di prima e nuova alleanza: esso può esse-re letto (come peraltro l’intera prima sezione della Genesi, se non l’intero testo sacro) come riflessione sull’uomo in quanto tale, in particolare nella relazione di fratellanza.

Caino e Abele interpretati dall'incisore Albrecht Dürer (1511)
Caino e Abele interpretati dall’incisore Albrecht Dürer (1511). Immagine di pubblico dominio. Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Albrecht_D%C3%BCrer,_Cain_Killing_Abel,_1511,_NGA_6789.jpg

I fratelli
È peraltro proprio questo il tema del nostro testo: la relazione tra fratelli. Il termine ricorre sette volte nel brano, che va dunque letto, come suggerisce Borgonovo, quale esemplificazione eziologica delle relazioni fraterne, e più in generale delle relazioni tra uomini – poiché la figliolanza divina rendi tutti fratelli. Tuttavia, vorrei sottolineare alcuni tratti che mi sembrano sfuggire ai commentatori; in particolare, va notato come il «fratello» nel testo è sempre Abele, mai Caino: egli è così indicato sin dal parto di Eva («Poi partorì ancora Abele, suo fratello»: 4, 2); è tale nella domanda di Dio e nella risposta di Caino («Dov’è Abele, tuo fratello? … Sono forse io il custode di mio fratello?»: 4, 9). Il lettore viene invitato a collocarsi non esternamente, ma all’interno del testo, e proprio nella prospettiva – inattesa – del fratricida; è da qui che potrà porsi la domanda: chi è il mio fratello?

Concentrando l’attenzione sulla relazione tra i fratelli, Borgonovo ne parla in termini di iniziale collaborazione positiva, descritta attraverso la divisione del lavoro, la quale sarebbe poi insidiata dal rischio della rivalità; egli inoltre, seguendo Alonso Schökel, individua l’origine di tale rivalità nella differenza tra i due fratelli: il maggiore e il minore sono rispettivamente agricoltore e pastore; e riproducono nel culto la distinzione lavorativa. In tale differenza starebbe dunque, in fondo, anche la radice del differente atteggiamento divino di fronte ai due fratelli.

"Il primo lutto" di William-Adolphe Bouguereau, 1888
“Il primo lutto” di William-Adolphe Bouguereau, 1888. Immagine di pubblico dominio. Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Bouguereau-The_First_Mourning-1888.jpg

Ma centrale nella relazione tra i fratelli è davvero la differenza? Tra Caino e Abele vi sono anche elementi di parallelismo, diremmo meglio di simmetria: entrambi sono figli della coppia dei progenitori, entrambi hanno un mestiere, entrambi offrono a Dio i frutti del loro lavoro. Viene il sospetto che la differenza, piuttosto che originaria, sia frutto del gradimento divino; quanto meno, che solo nel riferimento a Dio essa trovi senso. Possiamo comprendere meglio questo punto se pensiamo ad altre coppie di fratelli, anche solo restando nel campo dei racconti biblici.
La relazione fraterna nella Bibbia non è certo rappresentata come relazione positiva; i fratelli sono fratelli nemici: quando si incontra una coppia, lo scontro è tra i due; quando i fratelli sono in molti, incontriamo una coalizione di tutti contro uno – come tra Giuseppe e i suoi fratelli (Gen 37). La prima coppia di fratelli che ci aiutano ad illuminare il racconto di Caino e Abele è quella costituita da Esaù e Giacobbe (Gen 25-36). Al di là della finale pacificazione, la loro vicenda è centrata sulla rivalità, e questa ha radice non nella relazione duale tra i fratelli, ma nella relazione triangolare che unisce i due al padre Isacco: fino all’episodio della benedizione del primogenito essi sono sullo stesso piano, simmetrici, intercambiabili; si dividono persino la predilezione dei genitori. Allo stesso modo, i figli del padre misericordioso, nella parabola evangelica (Lc 15, 11-32), sono in lite non per motivi loro, ma a causa della preferenza che il padre sembra mostrare per il più giovane; va sottolineato che anche in questo caso il punto di vista assegnato al lettore/ascoltatore è quello del fratello maggiore. Un discorso analogo si potrebbe fare ovunque i racconti biblici presentino una coppia di fratelli; è quanto avviene tra Isacco e Ismaele, per esempio. Diverso è il caso in cui i fratelli siano molti: la contrapposizione si instaura fra uno, normalmente il più giovane e debole, e tutti gli altri, coalizzati contro di lui. Giuseppe è l’esempio più lampante; Davide è escluso dal novero stesso dei figli di suo padre.

Tale modello triangolare della relazione – per cui i fratelli, sostanzialmente identici, si disputano una preferenza divina che fonda la dissimmetria – è adeguatamente posto in luce dalla teoria mimetica di René Girard (Cfr. GIRARD, Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, 1996). Essa permette, nel nostro caso particolare, di cogliere che fondamentale tra i fratelli è l’identità, la simmetria, mentre secondaria è la differenza. È proprio questa osservazione, che Alonso Schökel e Borgonovo – come gli autori antichi e moderno da loro recensiti – non riescono a cogliere, a farci comprendere da dove nascano il volto abbattuto di Caino e il suo omicidio: se i due fratelli fossero ‘sostanzialmente’ diversi, nulla si potrebbe obiettare al diverso atteggiamento di Dio, il quale – per dirla con don Milani – sarebbe giusto nel fare «parti diseguali tra diseguali»; ma poiché Caino e Abele sono uguali, la preferenza accordata solo ad uno dei due suona offensiva. Inoltre, la teoria di Girard ci mette grado di dire perché Caino volge la propria ira non contro Dio, ma contro il fratello: il triangolo mimetico prevede infatti due soggetti che disputano per il possesso di un oggetto; Dio, o meglio la sua approvazione, costituisce tra Caino e Abele l’oggetto del contendere, di cui quest’ultimo si è appropriato.

Tiziano, Caino e Abele
Tiziano, Caino e Abele. Immagine di pubblico dominio. Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Titian_-_Cain_and_Abel.JPG

Alonso Schökel e Borgonovo, peraltro, sembrano vedere, almeno di sfuggita, la priorità della simmetria sulla differenza: il secondo, in particolare, rileva come la divisione del lavoro tra i due instauri un rapporto di reciprocità, e come le due offerte siano analoghe. Queste notazioni restano però nei loro commenti marginali; io al contrario ritengo che l’identità tra i fratelli, la loro interscambiabilità, costituisca l’aspetto fondamentale della relazione. L’obiezione che potrebbe essere posta è che, come afferma Alonso Schökel, la preferenza per il fratello minore è una costante nella Bibbia; egli ritiene che essa sia una «ragione biblica» (SCHÖKEL 1987, p. 40), e come tale esente da discussione ulteriore. Io credo invece che se è il figlio minore ad avere, qui come altrove, il ruolo di vittima ed eroe positivo del racconto, è perché in questi racconti si riflette l’autocoscienza di Israele quale «il più piccolo di tutti i popoli» (Dt 7, 7). La questione meriterebbe comunque di essere approfondita altrove.

Il guadagno dell’analisi qui brevemente condotta non è ridotto a mio parere all’interesse critico-letterario. La Bibbia non si legge, almeno in ottica cristiana, per il suo valore di documento letterario, ma perché parla alla vita, dialoga con il lettore come un «fratello libro» (Cfr. SCHÖKEL 1987). Se Alonso Schökel ci fa notare, parafrasando il salmista, che «ogni uomo è Abele», sottolineare l’identità tra i due fratelli ci ricorda che ogni uomo può essere Caino; il racconto biblico anzi, come abbiamo notato, ci pone proprio nella sua posizione: è per ogni possibile Caino che questo mito è raccontato, come ai farisei-figli maggiori si rivolgeva Gesù narrando loro la parabola del fratello prodigo. Non per constatare il fratricidio quale esito ineluttabile, ma per mettere in guardia da esso e costruire relazioni fraterne alla maniera di Giuseppe, alla maniera di Gesù: i quali alla rivalsa sostituiscono il perdono.

Bibliografia

  • Alonso Schökel, L., Dov’è tuo fratello?, Paideia, Brescia 1987 (ed. or. 1985).
  • Borgonovo, G., L’eziologia metastorica, dispense scolastiche ad uso degli studenti del corso di “Esegesi dell’AT: Pentateuco” presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, a.a. 2007-08.
  • Girard, R., La violenza e il sacro, Adelphi, Milano 2003 (ed. or. 1972).
  • Girard, R., Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, Adelphi, Milano 1996 (ed. or. 1978).
  • Ambrosius, De Cain et Abel.

Fine dell’articolo
Autore: Mario Conti
Revisione e cura: Alessandro Ardigò, Marta Bernasconi

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