In copertina: topo disegnato da Albrecht Dürer (1471-1528), Rijksmuseum, Amsterdam. Immagine libera da diritti (per il link: clicca qui).
L’intraducibilità di alcune espressioni idiomatiche è nota: la perdita del senso primario nel passaggio dall’una all’altra lingua è ciò che fa desistere dalla versione letterale nei confronti di una, appunto, ‘a senso’. Analogo è il discorso per l’umorismo, considerato da Walter Nash una caratteristica specifica dell’uomo, una costante antropologica che mescola da sempre la natura specifica di un individuo con la sua cultura, ma anch’essa cangiante nelle sfumature e nel modo. I giochi di parole delle barzellette poi, al pari delle figure di suono della poesia, sono un banco di prova dei più ardui per il traduttore di professione.
Dal punto di vista psicologico è noto che il gioco umoristico funzioni quando viene percepita una incongruità tra la frase o il fatto esposto e la sua risoluzione; risoluzione peraltro non risolutiva ma forzosamente sospesa: tentare di concludere una barzelletta con una spiegazione della stessa è inutile o quantomeno ridicolo, e vuol dire annullarne l’effetto e trasformare il riso in imbarazzo. La comicità è veloce e arriva o come un’illuminazione, o l’inganno rimane tale e lo stupore collassa. Se l’incongruità poi viene esasperata si entra nel mondo del nonsense che basa la sua riuscita su un utilizzo assurdo dell’umorismo e quasi sempre spinto ai limiti dell’irrealtà.
Altra componente fondamentale per la comprensione di una battuta è il realizzare che il messaggio lanciato è nel complesso opposto a quello reale: l’antifrasi è infatti quella figura retorica che consiste nel dire il contrario di quello che si dovrebbe dire (“O natura cortese” detto da Leopardi ne La quiete dopo la tempesta non può che esser antifrastico), generando nell’interlocutore una situazione ironica se e solo se l’interlocutore possiede una sorta di recettore umoristico tale da fargli capire la situazione. Una antifrasi letta alla lettera è spesso offensiva o brutale (“Sei stato proprio intelligente a fare quello che hai fatto!”) ed ecco di nuovo il problema della traduzione: non in tutte le lingue o in tutte le culture è presente – o ammessa – la medesima ironia perché ciò che è comico è molto sovente legato a una realtà locale che, soprattutto quando è in gioco la sfera sessuale, può diventare tabù se delocalizzata.
Si sa: una battuta fuori luogo non è più tale così come lo è una battuta non declamata o intonata nel modo corretto.
Anche giocando con gli aspetti linguistici (paronimie, metatesi, malapropismi, errori sintattici) si genera umorismo e ancora di più la traducibilità del messaggio ne risulta compromessa (come si può tradurre “La casa era infettata dai fantasmi”?).
Cosa succede però quando si rimane all’interno della stessa lingua? Raccontare la stessa cosa in modo diverso la fa cambiare? I sinonimi minano l’effetto umoristico di un’espressione?
La risposta è indubbiamente affermativa e ho voluto dimostrarlo con un gioco linguistico semplicissimo: applicando a una trita battuta l’ormai classico gioco del lipogramma, meccanismo che consiste nel dire la stessa cosa senza però poter utilizzare una lettera; ho optato, memore delle splendide trasformazioni del teorema di Pitagora pubblicate da Umberto Eco, per l’eliminazione a turno di tutte e cinque le vocali.
Ecco il testo di partenza, un motto di spirito classico basato sul doppio senso di un’espressione e, di seguito, i lipogrammi:
Un topo disse a un altro topo: “Sta arrivando un gatto nero”.
“Non importa” rispose l’altro. “Non sono superstizioso”.
Lipogramma in A
Un topo urlò verso un suo simile: “Un felino nero procede verso di noi”.
“Non mi preoccupo” rispose il topo suo vicino. “Non sono superstizioso”.
Lipogramma in E
Un topo urlò a un altro topo: “Sta arrivando un gatto dotato di un manto opposto al bianco”.
“Non importa” gli sussurra il topo suo compagno. “Non mi toccano i fatti irrazionali”.
Lipogramma in I
Tempo fa un topo, parlando a un altro topo, esclamò: “Un gatto nero avanza veloce”.
“Non sono toccato da questo fatto” sussurrò l’altro. “Non sopporto le credenze del popolo”.
Lipogramma in O
Mus muri dixit: “Niger feles perveniens”.
“Quid mea id refert?” inquit. “Minime nefarium facinus me tangit”.
Lipogramma in U
Il topo di città disse al topo di campagna: “Sta arrivando il solito gatto nero”.
“Non importa” rispose l’altro. “Non mi toccano i fatti irrazionali”.
Si noterà come nessuna delle cinque varianti generi il riso dell’espressione di partenza; al massimo l’effetto ironico è suscitato proprio dalla trasformazione e dalla ricerca di una variante a tutti i costi.
Essendo questo gioco nato nelle mie intenzioni come applicazione pratica di un complesso discorso teorico destinato ai bambini, ho pensato anche di musicare i cinque lipogrammi (qui la versione audio del brano) e sfruttare il tutto per far loro capire anche la forma musicale della ‘variazione’ (in realtà, essendo la barzelletta declamata e non cantata, non si potrebbe parlare di variazioni perché il tema è inesistente: ecco perché ho dovuto creare una melodia simpatica e riconoscibile per il testo iniziale) oltre all’impiego dell’umorismo in campo musicale.
Generalmente si pensa sempre e solo alla parola o alla mimica ma il ruolo delle arti in campo umoristico è fondamentale: a proposito di alcune sue composizioni come Véritables préludes flasques 1.2, Embryons desséchés o Pezzi per Pianoforte 1912-1913 ad esempio Erik Satie era solito definirsi un umorista. Per non parlare della musica nata esclusivamente con fini parodistici o comici tout court: gli arrangiamenti che ho scelto di utilizzare per le cinque variazioni sono di per sé etichettabili come umoristici sia per la scelta di alcune ritmiche sia per l’accostamento degli strumenti. Il testo non fa che amplificarne l’effetto.
Bibliografia
- Apte M. L., Humor and Laughter. An Anthropological Approach, Ithaca, London 1985
- Bergson H., Il riso, Feltrinelli, Milano 2011
- Nash W., The language of humor, Longman, London-New York 1985
- Pleßner H., Lachen und Weinen, in Philosophische Antropologie, Frankfurt a. M. 1941
- Rapallo U., L’umorismo: verbale e non-verbale, nostro e altro, antico e moderno, Le Lettere, Firenze 2004
- Satie E., Quaderni di un mammifero, Adelphi, Milano 1994
- Il brano I due topi è contenuto nell’album Ex perì menta et mira bilia uscito non a caso il 22.02.2022 e contenente giochi musicali e/o letterari e che fa seguito a Math Music (2020) in cui si indagavano i rapporti tra musica e matematica. Qui le specifiche compositive dei brani: https://danieletrucco.blogspot.com/2022/02/ex-peri-menta-et-mira-bilia.html
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Autore: Daniele Trucco
Cura: Alessandro Ardigò
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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